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Fragilità Capillare
02/04/2016
La fragilità capillare è una condizione molto diffusa, soprattutto nella popolazione femminile . Nella maggior parte dei casi viene considerato esclusivamente un disturbo estetico ma in realtà può rappresentare la prima manifestazione di insufficienza venosa. Trascurare il problema può portare, nel tempo, a soffrire di sintomi fastidiosi con ripercussioni sulla salute.
Ne parliamo con il Dr. Aldo De Giorgio, chirurgo vascolare.
Dr. De Giorgio, che cosa si intende per fragilità capillare?
Quando si parla di questa problematica occorre fare chiarezza. La fragilità capillare non è riferibile a una vera e propria patologia ma è la comparsa di ecchimosi e di capillari cutanei dilatati in tutti i distretti cutanei, più visibili e frequenti sugli arti inferiori, sul viso(zigomi e naso) e nella zona presternale. In sostanza si parla non di capillari, che tutti abbiamo normalmente, ma di capillari dilatati o teleangectasie. Quelle che riguardano l’argomento della fragilità capillare sono le venule sovrapapillari, le più superficiali del sottocute. Petecchie, ematomi ed ecchimosi sono invece manifestazioni dovute a disturbi della coagulazione, vera e propria patologia internistica.
Quali sono le cause che la scatenano?
Alle possibili cause primitive deve pensare il medico che visita il paziente e affronta il problema per individuare importanti patologie che potrebbero scatenare questo disturbo come, ad esempio, malattie rare del connettivo o patologie dei surreni. Tra le altre possibili cause: effetti avversi di farmaci(cortisonici o estroprogestinici), rare carenze vitaminiche (in particolare di vitamina C), sovrappeso, fattori ormonali, eccessiva esposizione al sole. Quando il problema è localizzato sul volto, sullo sterno e sull’addome saranno da indagare possibili valvulopatie cardiache e malattie del fegato.
E i sintomi?
In genere, oltre ai segni visibili, è asintomatica. Se localizzata agli arti inferiori si possono avvertire dolenzia, senso di pesantezza e di calore e affaticamento e gonfiore alle caviglie. In sostanza nella maggior parte dei casi la fragilità capillare comporta problemi solo estetici ma la prima visita dovrebbe essere effettuata dal flebologo, angiologo e chirurgo vascolare perché molto spesso questo disturbo rappresenta la prima fase clinica dell’insufficienza venosa. Un campanello d’allarme da non sottovalutare quindi.
Come viene effettuata la diagnosi?
Si tratta di una diagnosi clinica, basata sull’esame obiettivo. In realtà è interessante capire come non andrebbe fatta la diagnosi, cioè ricorrendo ad esami strumentali come l’EcoColorDoppler che dovrebbe essere indicato ed eseguito dallo specialista solo quando si sospettino malformazioni congenite e nei rari discutibili casi di indicazioni chirurgiche.
Come si interviene per curare questo disturbo?
Le teleangectasie sono trattate con la scleroterapia usando liquidi e schiume o col laser, dove necessario, associati. Raramente con il trattamento chirurgico.
E a livello farmacologico?
Diosmina, esperidina e glucosaminoglicani sono tra i farmaci più utilizzati. Utili anche gli integratori o fitoterapici a base di frutti rossi, ciliegie prugne e vitamina C. Antiossidanti a base di uva, agrumi, tè verde e flavonoidi come, ad esempio la vite rossa, la centella, il mirtillo solo per citarne alcuni. Vi sono poi gel, creme e spray da usare localmente. Ma nulla può sostituirsi all’uso di calze a compressione graduata, secondo le indicazioni del medico, per contrastare la stasi gravitazionale, alla base del disturbo negli arti inferiori.
Quanto conta lo stile di vita per curare questa problematica e impedire che peggiori ?
Moltissimo. Importante ad esempio la pratica di un’attività motoria. Ottimale è il nuoto mentre sono da evitare gli sport non simmetrici (ad esempio il tennis) e sollevare pesi in palestra stando in piedi in posizione immobile. Ma anche stirare e cucinare senza indossare calze elastiche può aggravare la situazione.
Quanto conta la familiarità nei soggetti affetti da questo disturbo?
La familiarità è una condizione predisponente, in particolar modo la familiarità maschile. Quando si conoscerà l’assetto genico e ormonale della persona che soffre di insufficienza venosa si potranno evitare, in futuro, i trattamenti invasivi.
A cura di:
Dr. Aldo De Giorgio
Spec. in Angiologia e Chirurgia vascolare
Redatto da:
Sig.na Federica Baj
Giornalista
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